SMARTPHONE E GIOVANI: SERVE EDUCARE, NON VIETARE
La dipendenza da smartphone tra gli adolescenti è un tema caldo, ma secondo molti esperti la soluzione non può essere fatta solo di divieti e condanne indiscriminate. Il rischio è quello di scivolare in un “panico morale”, un’esagerata paura.
Mentre il Ministro dell’Istruzione Valditara propone di vietare l’uso dei cellulari in classe, psicologi mettono in guardia dai possibili effetti opposti: repressioni generalizzate possono generare reazioni di ribellione. È necessario distinguere tra ansie infondate e timori fondati.
L’eccesso di stimoli digitali può ridurre la concentrazione, ma il vero problema è legato all’abuso e non all’uso. In un mondo in cui si moltiplicano fake news e contenuti fuorvianti, spesso alimentati da algoritmi, serve educazione più che repressione.
Infine, sul piano scientifico, non esistono prove forti che parlino di una vera “dipendenza da cellulare” paragonabile a quella da sostanze.
Alcuni studiosi infatti, preferiscono parlare di “sovraesposizione”, ovvero di un uso eccessivo che riduce il tempo dedicato ad altre attività, ma che non configura una vera e propria dipendenza clinica.
Ed è proprio qui che si rischia l’errore più grave: mentre l’attenzione pubblica si concentra quasi ossessivamente sull’abuso del cellulare, si rischia di trascurare dipendenze ben più concrete e pericolose, come l’alcolismo giovanile, per la quale esistono dati certi, studi approfonditi e conseguenze drammatiche.
La vera sfida, allora, non è proibire, ma educare. Non demonizzare gli strumenti, ma insegnare a usarli in modo consapevole.