TURETTA, I MOTIVI DELL'ERGASTOLO: "VILE E LUCIDO"
Giulia Cecchettin non è stata uccisa da Filippo Turetta in un momento d’impeto, in uno slancio di rabbia incontrollabile e improvviso. Il suo omicidio è stato un delitto premeditato, ragionato e determinato per tempo nei minimi dettagli. È questa, la motivazione principale con cui Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo dalla corte d’assise di Venezia. Il collegio giudicante, nelle 140 pagine firmate dal giudice presidente Stefano Manduzio e dalla giudice relatrice Francesca Zancan, ha riconosciuto la ricostruzione della procura di Venezia: quello di Filippo era un «radicato proposito», confermato dai preparativi messi in atto nei giorni precedenti al delitto, e soprattutto dal fatto che dopo la prima aggressione a Vigonovo, ne sia seguita un’altra, quella fatale, a Fossò, venti minuti più tardi. Un omicidio portato a termine come previsto, scegliendo un luogo appartato come la zona industriale, prima di darsi alla fuga esattamente come aveva programmato, disfacendosi del corpo della povera ragazza.
Filippo Turetta era stato condannato in primo grado all’ergastolo lo scorso 3 dicembre. E nelle 140 pagine delle motivazioni della sentenza, depositate oggi dalla corte d’assise, si ricostruisce tutta la «spietata lucidità» del killer di Giulia. No alle attenuanti generiche perché alla base del femminicidio della sua ex ragazza, Filippo è stato spinto da motivi vili e spregevoli: non accettava l’autonomia di Giulia, non tollerava che lei potesse liberamente autodeterminarsi, e quindi lasciarlo e andare avanti per la propria strada, e per la propria vita.
I giudici, invece, oltre a non riconoscere l’aggravante dello stalking, hanno cancellato anche quelle della crudeltà. Non possiamo essere sicuri, ha scritto la corte, che Filippo abbia inflitto tutte quelle coltellate come sofferenze gratuite e aggiuntive. Non avrebbe infierito su di lei, semplicemente avrebbe colpito alla cieca, e avrebbe continuato a farlo fino a quando non si è reso conto che Giulia era morta. Dopo averla colpita addirittura ad un occhio, un tratto che gli aveva fatto particolarmente impressione. È stata questa, l’unica ricostruzione per la quale i giudici gli hanno creduto.
Non a tutte le altre, anzi. Per i giudici Filippo ha mentito, e lo ha fatto anche in sede di interrogatorio: ha ammesso solo le circostanze che gli venivano messe davanti al naso come prove acquisite, mentre non ha riferito di altre che sapeva benissimo fossero in mano agli inquirenti. In particolare, quelle relative alla lista delle cose da fare e da comprare, e i dettagli sui quei terribili 20 minuti – quelli dell’aggressione – che hanno cambiato per sempre la sua vita, e hanno spento quella di Giulia. Filippo Turetta è stato «lucido e razionale» dopo averla uccisa. E per questo, per la giustizia italiana, almeno in primo grado, è stato condannato alla pena dell’ergastolo.