TRUMP E IL RITORNO DELL’IMPERO AMERICANO
La politica di Trump è degna della Realpolitik della Prussia ottocentesca. Una Prussia guidata dal cancellerie di ferro Bismark, basata sull’espansionismo e sulla spregiudicatezza.
L’unica differenza, 200 anni e 8300 km di distanza.
L’espansionismo americano sembrava retaggio di un tempo passato, ma ora è tornato di moda, dopo che il presidente Trump ha mostrato interesse per l’annessione della Groenlandia, che si rifà alla dottrina Monroe.
Perché nel 1823 gli Stati Uniti varavano questo strumento, con cui gli Stati Uniti difendevano il continente dalla colonizzazione europea.
Oggi Trump è l’espressione moderna della dottrina Monroe: il tycoon vuole annettere la Groenlandia, ufficialmente sotto bandiera danese, perché ricca di terre rare e per la posizione strategica.
La Groenlandia è ricca di litio, oro, rame, titanio, ma ospita anche un corridoio navale strategico per il monitoraggio dei sottomarini nucleari russi.
Il 24 marzo scorso una delegazione americana è giunta sull’isola ghiacciata, senza essere invitata: la coalizione è stata accolta da una folla il cui slogan era: “la Groenlandia non è in vendita”.
Di tutt’altro avviso è Washington, che ritiene l’annessione una “necessità assoluta”, applicando alla lettera la dottrina Monroe.
Ma la proiezione americana verso le terre ghiacciate non si ferma qui: nei giorni scorsi il delegato russo per gli investimenti esteri Dmitrev ha discusso con Donald Trump di una futura collaborazione economica nella regione artica.
Le imprese americane prenderanno il posto di quelle europee, ritiratesi dall’Artico dopo aver rinunciato ai mercati russi.
L’Europa dovrebbe essere quindi più scaltra, e non rinunciare ai canali commerciali importanti per le risorse energetiche, soprattutto alla luce dei nuovi dazi americani.