LA TESLA DI MUSK FOLGORATA DAI DAZI
Il sostegno che Elon Musk ha dato a Donald Trump non ha prodotto i frutti sperati. Certo, ora Musk è a capo di un ufficio governativo, anche se temporaneo, ma la politica trumpiana tanto sostenuta dal magnate gli si rivolge ora contro.
Dopo aver speso 200 milioni di dollari per la campagna elettorale di Trump, Elon Musk deve far fronte alla crisi della sua casa automobilistica Tesla, che sta affondando per i dazi introdotti dal tycoon, perdendo commesse soprattutto in Europa, a favore dei modelli cinesi.
La situazione per Musk si aggrava ulteriormente: molte componenti delle auto elettriche Tesla provengono proprio dalla Cina, leader nella produzione di batterie.
I dazi reciproci tra Pechino e Washington impattano sulla catena di produzione delle macchine Tesla e di conseguenza diminuiscono il mercato della domanda.
Trump affossa quindi l’amico Musk, che dall’inizio del 2025 ha visto scendere il suo marchio Tesla del 45% in borsa.
Il consigliere della Casa Bianca ha poi denigrato Musk, definendolo un “assemblatore di automobili”, facendo intendere che Washington non si interessa dell’andamento dell’azienda Tesla.
Proprio oggi i rapporti tra Cina e Stati Uniti si sono incrinati ulteriormente: Trump minaccia la Cina di ulteriori dazi del 50% se quest’ultima non fa marcia indietro sulle contro-tariffe, ma Pechino si dice pronta a resistere.
A seguito di questo scambio di battute, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha chiamato il premier cinese Qiang per aprire la strada ad un mercato facilitato tra Europa e Asia.
Intanto sempre l’Europa ha fatto piovere sull’America nuovi contro-dazi, che entreranno in vigore il 15 aprile e colpiranno le motociclette del marchio storico Harley-Davidson e i famosi jeans Levi’s.
Niente tasse aggiuntive per il Whiskey, come auspicato dal ministro degli esteri italiano Tajani, mossa che dovrebbe agevolare l’export del vino.