MIGRANTE UCCISO: LA COMUNITÀ CHIEDE GIUSTIZIA
VERONA - Attivisti, rappresentanti dell’amministrazione veronese e semplici cittadini. In centinaia lunedì sera si sono radunati davanti alla stazione di Porta Nuova per partecipare a un momento di cordoglio collettivo per Moussa Diarra, il migrante 26enne originario del Mali, che armato di coltello, è stato ucciso da un poliziotto della polfer. L’agente, in polizia da quasi 30 anni e quindi con una consolidata esperienza ha sparato tre colpi, uno dei quali è stato fatale, nel tentativo di difendere sé stesso e il collega dall'aggressione del giovane.
Durante al commemorazione sono stati esposti striscioni, cartelli, candele e foto della giovane vittima ma anche sono stati diffusi volantini per chiedere giustizia e verità per il migrante arrivato in Italia 8 anni fa.
Ad organizzare il sit-in sul luogo del tragico episodio sono stati gli attivisti del Laboratorio Autogestito Paratodos, che negli ultimi tempi aveva ospitato il migrante al "Ghibellin fuggiasco", un rifugio d'emergenza abbandonato proprio in questi giorni per trasferirsi in un grande edificio a Quinzano.
Un trasferimento contestato dall’opposizione di palazzo Barbieri.
E mentre la diocesi di Verona ha deciso di spostare la preghiera dei giovani di venerdì dalla cattedrale alla chiesa davanti la stazione ferroviaria quale messaggio di speranza e di pace, sul triste episodio di domenica mattina, interviene anche il presidente della comunità del Mali in Italia. Annunciando di aver chiesto un incontro con il magistrato della Procura scaligera che coordina le indagini sul caso, pur credendo nella legittima difesa, chiede sia fatta giustizia per il proprio connazionale.