CITTADINANZA NEGATA PER QUESTIONI BUROCRATICHE
A causa di un errore non ha diritto alla cittadinanza. È questa la storia del signor Diop, 66enne senegalese arrivato in Italia nel 1986. Quasi quarant’anni di lavoro nel nostro Paese, una residenza stabile nel trevigiano, una famiglia con dei figli, tasse sempre pagate. Ma per lo Stato italiano non basta: non ha alcun diritto di ottenere la cittadinanza italiana.
La decisione si basa su un fatto risalente al 1998, quando Diop fu condannato per il reato di falso in autorizzazioni amministrative. In realtà, si sarebbe trattato di un semplice errore di compilazione: ha invertito nome e cognome su un modulo.
Si è però trattato di un episodio per il quale, dopo anni di buona condotta, aveva ottenuto il beneficio della non menzione. Nonostante la fedina penale pulita e l’estinzione della vecchia condanna, il Ministero dell’Interno ha comunque ritenuto quell’episodio “sintomatico della personalità” del richiedente.
A pesare sulla decisione, anche un altro dettaglio: nella domanda per la cittadinanza presentata nel 2015, Diop aveva dichiarato di non aver riportato condanne, commettendo, secondo il Ministero, un’ulteriore violazione.
Il suo permesso di soggiorno permanente resta valido, così come il diritto a vivere e lavorare in Italia. Ma il sogno di diventare cittadino italiano sembra ormai svanito.
Una storia che riapre il dibattito sulla rigidità dei criteri per il riconoscimento della cittadinanza e su quanto possa essere difficile, anche per chi in Italia ha costruito una vita, ottenere pienamente diritti e riconoscimento.